L’Evangelistario del Tesoro del Duomo si presenta come un prezioso cimelio di oreficeria risalente al VI secolo. Il manufatto era utilizzato come copertura di libri liturgici e Vangeli. L’Evangelistario è formato da due tavole d’oro inquadrate in un fregio a compasso con lastrine d’oro sorgenti dal fondo: queste ultime sono riempite di granati di squisita fattura, che danno al fregio l’apparenza di essere smaltato. Le due lastre sono suddivise in quattro spazi da una croce istoriata di perle, gemme e corniole, con quattro splendidi cammei tra le braccia. Sul braccio orizzontale, una scritta niellata, cioè smaltata in nero, reca queste parole: “Teodolinda regina gloriosissima offre a San Giovanni Battista questo dono, nella basilica da lei stessa fondata in Monza, vicino al suo palazzo”.
Miracolo del mantello
Durante un’inondazione avvenuta nel 1177, il fiume Lambro uscito dagli argini arrivò a lambire l’Ospedale dei poveri fondato da San Gerardo, impedendovi l’accesso e rendendo pericoloso restare nell’edificio. Gerardo accorse, pose il suo mantello sulle acque e salitovi sopra riuscì a passare da riva a riva incolume. Ordinò poi che le acque si calmassero di fronte alla sofferenza degli infermi e il fiume si acquietò di colpo. E’ consuetudine per i monzesi, ogni 6 di giugno, porre le statue di San Gerardo sull’acqua del Lambro, rievocando il miracolo del mantello.
Miracolo delle ciliegie
Spesso San Gerardo è raffigurato in statue ed illustrazioni con un bastone di ciliegie in mano. Questo fatto risale ad un miracolo, a lui attribuito, avvenuto presso la basilica di San Giovanni. Il santo, in pieno inverno, chiese agli Ostiani di poter restare di notte nella chiesa a pregare, promettendo in cambio un canestro di ciliegie fresche. La mattina seguente il miracolo avvenne, tra lo stupore di tutti.
Miracolo del grano
Durante una crudele carestia che colpì la zona dove sorgeva l’Ospedale dei poveri fondato da San Gerardo, tutte le provviste si esaurirono presto, lasciando botti e granai vuoti. Alla grande richiesta di viveri dei supplicanti e degli affamati, San Gerardo ordinò ai suoi conversi, di ritorno dai magazzini vuoti, di continuare la distribuziuone di cibo. Miracolosamente, di fronte all’incredulità dei conversi, granai e botti erano di nuovo pieni fino all’orlo.
Affreschi degli Zavattari
Nella cappella di Teodolinda, all’interno del Duomo di Monza, la famiglia di artisti Zavattari dipinse nel 1444 il famoso ciclo di affreschi incentrato sulla corte longobarda, importante documento di arte tardogotica lombarda a tematica cortese. Impreziosita dalla tenuità e delicatezza dei colori, su paesaggi senza sfondo, si manifestano banchetti, cacce, cortei, funerali, parate e ambascerie. Teodolinda si muove col suo seguito tra cavalieri, dame, guerrieri, cavalli e cani, in uno spaccato di moda, lusso e raffinatezza di corte barbarica in cui il tema laico diventa quasi cronaca frammista di fiaba e leggenda.
Il Tesoro del Duomo di Monza
Il Tesoro del Duomo di Monza, costituito di preziosi oggetti d’epoca longobarda, è ciò che rimane a seguito delle confische di oro e argento avvenute nel 1796, per le spese di guerra necessarie a Napoleone Bonaparte. Molti manufatti vennero fusi e persi per sempre (in particolare l’antica croce istoriata con bassorilievi storici). Sempre Napoleone, per arricchire la Biblioteca Nazionale di Parigi, ordinò il trasferimento di un’altra parte del Tesoro, comprendente le corone di Agilulfo e Teodolinda, la Tazza di Zaffiro, dittici ed Evangeliario. Nel 1816 molti oggetti furono restituiti, ma andarono perse la corona di Agilulfo in oro e gemme (rubata e fusa dal ladro Charlier nel 1804) e il prezioso Evangeliario. Attualmente il Tesoro comprende la Corona Ferrea, la Tazza di Zaffiro, la Croce e Corona di Teodolinda (un cerchio d’oro gemmato con croce greca), la Croce di Berengario (cosparsa di perle e gemme), calici in argento, reliquiari, ampolle provenienti dalla Terra Santa e altri preziosi manufatti.
La Corona Ferrea
La Corona Ferrea è il cimelio più famoso del Tesoro del Duomo, cosiddetta dalla lamina di ferro che gira nel suo interno. Undici imperatori, dall’888 al 1838, la cinsero sul capo. La Corona è un gioiello bizantino formato da sei pezzi legati da cerniere girevoli e adattabili alle varie misure di testa, in oro puro e fregiato di 24 gemme e pietre dure. La leggenda vuole che l’imperatrice Elena, madre di Constantino, avesse portato dal SAnto Sepolcro due chiodi serviti alla crocifissione di Cristo e che uno di questi sarebbe diventato la lamina di ferro della Corona. Dopo il 1848 la Corona passò di mano in mano e di corte in corte, in un avventuroso viaggio tra Austria e Italia, fino a tornare a Monza nel 1868.
La Tazza di Zaffiro
La Tazza di Zaffiro è il cimelio più antico del Tesoro del Duomo di Monza. Si tratta di una coppa su piedistallo d’oro (del 1490), un tempo forse fornita di due anelli per poterla prendere con entrambe le mani (tradizione vuole che la coppa fu offerta da Teodolinda allo sposo Agilulfo dopo che ella stessa vi ebbe bevuto). Molti archeologi francesi sono dell’opinione che la coppa non sia una gemma, poichè nel XII secolo il vetro blu veniva chiamato saphir. La Tazza di Zaffiro fu usata nel brindisi solenne per le incoronazioni di Napoleone I e Ferdinando d’Austria.
Il Pozzo della Spagnola
Presso la porta d’accesso della cinta del parco di Santa Maria delle Grazie è visibile lo sportello di un antico pozzo, così chiamato poichè una giovane ragazza spagnola, vittima di un amore contrastato, scelse di gettarvisi annegando (1600).
I Ponti del Parco di Monza
All’interno del recinto del Parco di Monza, sul corso del fiume Lambro, esistono cinque ponti. Il primo, all’ingresso del fiume, è utilizzato non come accesso viario, ma per sostenere le cancellate di chiudimento. Segue il Ponte del Bertoli, dal nome di colui che procacciò i fondi contigui, il Ponte Della Cavrigia, su cui corre il viale omonimo, il Ponte delle Catene, cosiddetto poichè i parapetti sono costituiti da colonnine di granito unite da catene di ferro, e infine il ponte sotto il quale il Lambro esce dal Parco, anche questo destinato a sostenere le cancellate di ferro che impediscono la comunicazione tra dentro e fuori.
Lo Stemma di Monza
L’antico Stemma di Monza raffigura una Luna crescente di bronzo dorato con un semicerchio al mento su campo bianco. Bonincontro Morigia, secondo lo storico del Settecento Frisi, così illustra il significato simbolico dell’immagine: il campo bianco rimanda al Sole, nella figura del Papa, la Luna rimanda invece all’Imperatore. Questi due lumi, Sole e Luna, possiedono l’uno il giorno e l’altro la notte, allo stesso modo devono esserci al mondo due signori, l’uno che curi le cose spirituali, l’altro quelle temporali, cioè Papa e Imperatore, che manifestano così il loro potere in Monza.