Una mostra al Museo d’Arte Contemporanea di Lissone dal 13 settembre al 19 ottobre 2014
Stendhal era fermamente convinto che l’arte fosse una promessa di felicità. Anche Chiara Dynys è persuasa che si possa raggiungere la felicità attraverso l’arte, ma tale promessa resta un concetto molto romantico, relativo e fuggevole. Lo ribadisce il titolo stesso di questa mostra, che allude proprio alla prossimità al Settimo cielo: basta poco, giusto un soffio per raggiungere quella felicità di cui parlava Stendhal, ma per quanto sembri vi-cina, alla fine si rivela inafferrabile, sempre inarrivabile.
Le opere di Chiara Dynys [Mantova, 1958] si sono distinte all’interno del panorama artistico internazionale in virtù di una promiscuità stilistica che mantiene una sua coerenza etica. Tenendo fede a un pensiero omogeneo e a un percorso consequenziale, Dynys afferma di non perseguire uno stile ma una linea concettuale. Ricorrendo a un vasto e sofisticato repertorio di materiali, l’artista si interroga sul mondo in cui viviamo attraverso il linguaggio dell’arte. La sua poetica che ha come centri nevralgici la dicotomia e l’ambiguità percettiva denota una complessa progettualità che passa dall’intuizione all’intenzione, dalla ricerca alla sperimentazione, senza mai rinunciare a stabilire una relazione con lo spettatore. “Realizzo le mie opere con l’intenzione di costruire delle “trappole” per lo sguardo capaci di creare stupore nel pubblico”, spiega l’artista, “gioco in maniera alchemica con la percezione e la sfrutto per creare percorsi emotivi che coincidano con l’essenza dell’opera stessa”. In particolare, gli interventi artistici diventano parte dell’ambiente espositivo, creando una struttura architettonica che accoglie e coinvolge lo spettatore.
Nelle opere di Chiara Dynys si può guardare, riguardare e finanche “traguardare” (oltre e altrove). Caratteristico l’impiego di superfici trasparenti oppure specchianti che sono in grado di sollecitare o destabilizzare lo sguar-do dello spettatore. In mostra sono presenti tre distinte serie di opere che agiscono sulla percezione e sono tra loro connesse dal leit-motiv dello specchio. Look At You una lun-ga sequenze di teche, grandi o piccole, in cui si assiste a un occultamento e a uno svela-mento cromatico. Sono esposte per la prima volta le due versioni del San Sebastiano che interpretano i quadri di Antonello da Messina [Gemldegalerie, Dresda] e di Domenico Ghirlandaio [Museo Nazionale di San Matteo, Pisa]; nella versione dell’artista, le frecce si conficcano nell’acciaio specchiante, seguendo lo schema della flagellazione dipinta nei due capolavori, permettendo al fruitore di riflettersi sulla superficie, prendendo così il posto del martire. Inedito è anche il ciclo Dop-pia stella e l’installazione Grande stella che si compongono di coni prospettici al cui interno è possibile ammirare l’illusione di un solido platonico. L’effetto caleidoscopico di queste stelle crea una vertigine che risucchia lo sguardo in una dimensione straniante, dove infinito e indefinito si incontrano.
Lascia un commento